N.8_Servizi e territorio: un ecosistema possibile

ECOSISTEMI APERTI: Ristabilire un senso di appartenenza alla comunità

«Ha perso la città, ha perso la comunità. Abbiamo perso la voglia di aiutarci», canta Niccolò Fabi. Ed è da questa rimozione della comunità che dobbiamo ripartire, per ri- costruire un sentimento di appartenenza sociale e per rivedere le nostre modalità di dare aiuto e protezione alle persone anziane fragili.

Ma prima è forse utile riflettere sul nostro modo d’intendere l’invecchiamento stesso. Non possiamo infatti continuare a pensare all’invecchiamento come a un fenomeno che riguarda solo una parte della società, come se ci fossero da una parte le persone più o meno giovani, sane e autonome e dall’altra le persone anziane, malate e non autosufficienti, ai cui bisogni i servizi pubblici avrebbero il dovere di rispondere.

Sappiamo bene che il passaggio dalla vita adulta alla vecchiaia non è un salto ma un percorso, per altro specifico per ogni individuo. Così come sappiamo che i bisogni della persona anziana non sono solo di tipo sanitario e che attorno ad essi ruotano anche in modo importante sia le famiglie sia la comunità territoriale a vario titolo.

Ecco perché preferiamo ragionare in termini di un ecosistema da creare, piuttosto che di singoli e frammentati servizi da offrire. In natura gli ecosistemi non solo permettono un proficuo scambio di energia e di risorse al loro interno, ma sono anche generalmente aperti ad altri ecosistemi vicini.

Così immaginiamo il rapporto tra servizi e territorio, tra RSA e famiglie, tra professionisti e mondo del volontariato: alla ricerca di un’alleanza che renda possibile una reale qualità di vita, un concreto welfare di comunità.

Giulia Dapero